In questo breve articolo cerco di spiegare semplicemente questo processo visto in molte aziende che per varie cause ( molto spesso una gestione inadeguata) sono destinate a finire.

Cos’è il concordato preventivo?
La storia del concordato preventivo ha attraversato diverse riforme che ne hanno condizionato la natura e l’applicabilità. In passato , il concordato preventivo era concepito come uno strumento di “prevenzione” del fallimento. Dello stesso poteva infatti beneficiare quell’imprenditore che fosse in grado di garantire ai creditori la solvibilità.
Il concordato preventivo è uno strumento giudiziale di risoluzione della crisi di un’impresa. Si attua mediante la realizzazione di accordi con i creditori destinati ad essere messi in regola sotto la supervisione e del tribunale.
Requisiti soggettivi nel concordato preventivo: l’imprenditore insolvente.
Un imprenditore insolvente (che altrimenti sarebbe a tutti gli effetti fallito) può proporre il concordato preventivo, purché ci siano dei determinati requisiti. Ai creditori aventi prelazione deve essere garantito il soddisfacimento integrale, e ai creditori chirografari (ossia senza alcun diritto di prelazione)il pagamento di una percentuale “soddisfacente ”, pari ad almeno il 40%.
In questo contesto poi modificato dal legislatore, era irrilevante il raggiungimento o meno di un risanamento dell’impresa. L’interesse dei creditori veniva tutelato solamente in via subordinata. Il ruolo del giudice era quindi particolarmente penetrante, visto e considerato che ad egli era richiesto di sovrapporre le proprie valutazioni di merito a quelle dei creditori.
L’interesse dei creditori nel concordato preventivo.
Con le ultime riforme, la concezione del concordato preventivo come “beneficio” per l’imprenditore è stata definitivamente superata. Eliminati i requisiti soggettivi di ammissibilità, nonché il requisito della meritevolezza, è dunque emersa la priorità dell’interesse dei creditori e, in quanto ad esso collegato, quello della conservazione dei complessi produttivi.
Il giudice assume nel processo invece il ruolo di controllore di legalità, e chiamato a risolvere eventuali controversie.
Questo processo si presta ed è “utile” in contesti aziendali che sono segnati da situazioni di dissesto irrisolvibile, dove il fallimento sarebbe probabilmente stata una procedura più conforme alle finalità di soddisfazione delle stesse procedure.
Il concordato in bianco
Ossia cito testualmente la letteratura di riferimento :
“L’imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all’elenco nominativo dei creditori con l’indicazione dei rispettivi crediti, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni.”
Il quadro odierno è segnato da una propensione per il concordato che preveda la prosecuzione dell’attività di impresa, sebbene affidata ad altro imprenditore, a patto che essa determini in favore dei soggetti creditori un plusvalore che sia tale da farla ritenere conveniente rispetto al fallimento.