
Sia che il rapporto di lavoro sia terminato per licenziamento che per dimissioni, il dipendente ha sempre diritto al Tfr. Spesso però il versamento di tale importo ritarda ad arrivare. La ragione è quasi sempre legata a un problema di liquidità dell’azienda. Così è ricorrente che il dipendente, dopo aver cessato il servizio, si chieda: entro quando va pagato il TFR (trattamento di fine rapporto)? Ecco cosa, a riguardo prevede la legge.
Quando va pagato il Tfr
Il TFR rappresenta un credito del lavoratore che matura progressivamente nel corso del rapporto e che presenta i caratteri della certezza e liquidità. Non è però esigibile, tranne il caso di anticipazione, e il diritto al suo pagamento si perfeziona al momento della risoluzione del rapporto.
All’atto della cessazione del rapporto di lavoro, il datore di lavoro è tenuto a pagare, al dipendente, il TFR (trattamento di fine rapporto), accantonato durante gli anni di servizio, sempre che quest’ultimo non abbia preferito l’accantonamento in qualche fondo pensionistico estraneo all’azienda.
L’azienda non può trovare giustificazioni per ritardare il pagamento del trattamento di fine rapporto che, pertanto, va versato al lavoratore già all’atto della cessazione del rapporto di lavoro o nel diverso termine stabilito dal contratto collettivo nazionale applicabile.
I contratti collettivi possono fissare un termine, a partire dalla data di cessazione del rapporto, entro il quale il datore di lavoro deve provvedere alla prestazione. Se però nel contratto non viene indicato alcun termine, il creditore può esigere immediatamente l’importo.
Chi paga il Tfr?
Il TFR maturato viene liquidato direttamente dal datore di lavoro. In caso di trasferimento d’azienda, l’intero trattamento deve essere corrisposto dall’imprenditore che ha acquistato l’azienda.